Nel gennaio 2018, la Commissione Europea ha pubblicato alcuni documenti che analizzano il possibile impatto della Brexit nei settori dei marchi europei e dei disegni e modelli comunitari, dei prodotti industriali e degli appalti pubblici.
La Brexit è un evento che non riguarda solo le autorità nazionali ed europee, ma anche i privati. Pertanto, vengono ricordate alle imprese le ripercussioni legali da tenere in considerazione quando il Regno Unito lascerà l’Unione Europea.
Per quanto riguarda il settore dei marchi europei e dei disegni e modelli comunitari, la Commissione sottolinea che, a partire dalla data di uscita, la normativa europea in materia cesserà di applicarsi al Regno Unito. In particolare, i marchi registrati ai sensi del Regolamento (UE) 2017/1001[1] e i disegni e i modelli registrati (e non) ai sensi del Regolamento (CE) n. 6/2002[2] prima di marzo 2019 continueranno ad essere validi nei restanti Stati Membri, ma non avranno più efficacia diretta nel Regno Unito, mentre le domande pendenti prima della data di uscita non riguarderanno più lo Stato uscente. Più in generale, i diritti di proprietà intellettuale concessi dall’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale riguarderranno solo i restanti Stati Membri.
Viene inoltre ricordato ai titolari di registrazioni internazionali di marchi e disegni che hanno designato l’Unione Europea conformemente al sistema di Madrid sulla registrazione internazionali dei marchi[3] e al sistema dell’Aia per la registrazione internazionale di disegni e modelli industriali[4] che tali diritti non saranno più direttamente validi nel Regno Unito una volta che la Brexit sarà divenuta effettiva. In particolare, quando il Regno Unito diventerà un Paese terzo, i titolari ed i richiedenti la registrazione di marchi, disegni e modelli dovranno considerare che le persone fisiche o giuridiche domiciliate o aventi sede nel Regno Unito dovranno essere rappresentate dinanzi all’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale a norma dell’articolo 120, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2017/1001[5] e dell’articolo 78, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 6/2002[6] in tutti i procedimenti ivi previsti, diversi dal deposito di una domanda di marchio UE o di una domanda di disegno comunitario registrato.
Il documento relativo ai prodotti industriali analizza l’impatto della Brexit sui prodotti non alimentari e non agricoli immessi nel mercato dell’Unione Europea a 27 a partire dalla data di uscita, focalizzandosi sulle conseguenze per l’identificazione degli operatori economici[7], per le procedure di valutazione della conformità dei prodotti stessi e per gli organismi notificati[8].
In particolare, la Commissione evidenzia che, a partire dalla data della Brexit, i produttori e gli importatori stabiliti nel Regno Unito non verranno più considerati come operatori economici stabiliti nell’Unione. Di conseguenza, un operatore economico stabilito in uno dei restanti Stati Membri che prima della data di uscita era considerato un distributore, diventerà un importatore ai fini della legislazione unionale relativa ai prodotti provenienti da Paesi terzi introdotti sul mercato europeo a partire dalla data di uscita. Tale soggetto dovrà quindi rispettare gli obblighi specifici relativi agli importatori, che sono diversi da quelli dei distributori[9]. Inoltre, i rappresentanti autorizzati stabiliti nello Stato uscente non verranno più riconosciuti come tali ai fini della nornativa europea sui prodotti[10].
La Commissione aggiunge che anche gli organismi notificati britannici perderanno lo status di organismo notificato ai sensi della legislazione europea in materia e non potranno quindi fornire servizi di valutazione della conformità dei prodotti alle condizioni stabilite nella normativa di armonizzazione dell’Unione. Pertanto, gli operatori dovranno assicurarsi che, qualora sia necessario un certificato o un attestato di valutazione della conformità rilasciato da un organismo notificato, questo provenga da un organismo certificato stabilito in uno dei restanti Stati Membri. Qualora siano in possesso di una certificazione proveniente da un organismo britannico, gli operatori potranno richiedere un nuovo attestato da un organismo notificato europeo, o, sulla base di un contratto tra il fabbricante, l’organismo britannico e l’organismo europeo, chiedere il trasferimento della documentazione e del rispettivo certificato dall’organismo britannico a quello europeo, che ne assumerà la responsabilità.
Infine, anche con riferimento al settore degli appalti pubblici, la normativa europea non sarà più applicabile al Regno Unito una volta che esso avrà lasciato l’Unione. La Commissione comunica che, a partire dalla data di uscita, gli operatori britannici avranno lo status di operatore di un Paese terzo con il quale l’Unione, almeno al momento, non ha alcun accordo che preveda l’apertura del mercato degli appalti europei. Inoltre, con riguardo alle offerte contententi prodotti originari di Paesi terzi con cui l’Unione non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell’Unione ai rispettivi mercati, l’articolo 85 della Direttiva 2014/25/UE[11] stabilisce che le offerte presentate nell’Unione per l’aggiudicazione di appalti di forniture possono essere respinte se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi supera il 50% del valore totale dei prodotti che compongono l’offerta. Ciò implica che tale disposizione sarà applicabile anche al Regno Unito una volta che avrà lasciato l’Unione.
Infine, nel settore della difesa, il Considerando 18 della Direttiva 2009/81/CE[12] specifica che gli Stati Membri conservano la facoltà di decidere se le loro amministrazioni aggiudicatrici ed i loro enti aggiudicatori possano o meno consentire ad operatori economici di Paesi terzi di partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti. Gli operatori britannici potranno pertanto essere esclusi dalle offerte per i contratti del settore difesa e sicurezza nell’Unione. Inoltre, in assenza di armonizzazione a livello europeo dei regimi nazionali di nulla osta di sicurezza, gli Stati Membri riconoscono i nulla osta di sicurezza che considerano equivalenti a quelli rilasciati in conformità del loro diritto nazionale[13]. Di conseguenza, poiché il Regno Unito non sarà più un membro dell’Unione, gli Stati Membri non saranno più tenuti a riconoscere i nulla osta di sicurezza britannici. Ciò potrebbe comportare l’esclusione degli operatori che si affidano a un nulla osta di sicurezza britannico nelle procedure di appalto pubblico in materia di sicurezza e di difesa dell’UE.
Davide Scavuzzo
[2] Regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari, GUUE L 3 del 05.01.2002.[3] Il Protocollo di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi è un trattato amministrato dall’Ufficio internazionale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI), con sede a Ginevra. In vigore dall’aprile 1996, il Protocollo è stato sottoscritto da molti Paesi di tutto il mondo, tra cui la maggior parte degli Stati europei, gli Stati Uniti, il Giappone, l’Australia, la Cina, la Russia, nonché, nell’ottobre 2004, l’Unione Europea in quanto tale. Il Protocollo di Madrid dà ai titolari di marchi la possibilità di estendere la protezione degli stessi in molti Paesi grazie al semplice deposito di una domanda direttamente presso l’ufficio nazionale o regionale competente in materia di marchi. A far data dall’adesione dell’Unione Europea al Protocollo di Madrid, il sistema del marchio dell’Unione Europea (MUE) e il cosiddetto sistema di Madrid sono tra loro collegati; infatti, ora è possibile depositare una domanda internazionale basata su un marchio UE oppure designare l’Unione Europea in una domanda internazionale. È possibile designare l’Unione Europea in una domanda internazionale, in quanto l’Unione Europea dispone di un ufficio (l’EUIPO) che cura l’amministrazione dei marchi validi in tutto il territorio dell’UE. La designazione dell’Unione Europea in una domanda internazionale (o nell’ambito di una designazione successiva) consente di ottenere una protezione equiparabile, per quanto riguarda l’efficacia, a quella offerta da una domanda diretta di marchio UE.[4] Il sistema dell’Aia concernente la registrazione internazionale dei disegni e modelli industriali si applica tra le parti contraenti dell’accordo dell’Aia. Il sistema è amministrato dall’Ufficio internazionale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI). Questo sistema conferisce al titolare di un disegno o modello industriale la possibilità di proteggere un disegno o modello nei territori delle parti contraenti depositando una domanda presso l’Ufficio internazionale dell’OMPI, in una sola lingua e dietro pagamento di una serie di tasse in un’unica valuta (franchi svizzeri). L’accordo dell’Aia comprende due diversi “atti”: l’atto dell’Aia (1960) e l’atto di Ginevra (1999). I due atti constano di un insieme diverso di norme. In linea di principio, ogni Paese è libero di scegliere l’atto che desidera sottoscrivere; tuttavia le organizzazioni internazionali intergovernative possono solo diventare parte contraente dell’atto di Ginevra. L’atto di Ginevra è divenuto pienamente operativo il 1° aprile 2004. L’Unione Europea ha aderito all’atto di Ginevra il 24 settembre 2007; l’atto è entrato in vigore nell’UE il 1° gennaio 2008. L’adesione dell’Unione Europea all’atto di Ginevra permette ai richiedenti aventi diritto di presentare domande internazionali (in virtù del fatto che sono cittadini di uno Stato Membro dell’UE o hanno domicilio, stabilimento industriale o commerciale reale ed effettivo, o residenza abituale, sul territorio di uno Stato Membro dell’UE) di presentare una domanda per la registrazione di un disegno o modello industriale avvalendosi del sistema dell’Aia. Un’altra conseguenza è che l’UE può essere designata in una registrazione internazionale. Se l’EUIPO non emette un rifiuto di una registrazione internazionale, quest’ultima avrà nel territorio dell’UE gli stessi effetti di un disegno o modello comunitario.
[5] L’articolo 120, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2017/1001, stabilisce quanto segue: “… La rappresentanza delle persone fisiche e giuridiche dinanzi all’Ufficio può essere assunta soltanto:
- a) da avvocati che siano abilitati a esercitare in uno Stato membro dello Spazio economico europeo e abbiano domicilio professionale nello Spazio economico europeo, purché possano agire in tale Stato membro quali mandatari in materia di marchi;
- b) da mandatari abilitati iscritti nell’elenco tenuto dall’Ufficio.
I rappresentanti operanti dinanzi all’Ufficio, su richiesta di quest’ultimo o, se del caso, di un’altra parte del procedimento, devono depositarvi una procura firmata, da inserire agli atti…”.
[6] Ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 6/2002, “… La rappresentanza delle persone fisiche e giuridiche nei procedimenti dinanzi all’Ufficio ai sensi del presente regolamento può essere assunta soltanto da:
- a) avvocati abilitati in uno Stato membro ed aventi domicilio professionale nella Comunità, purché siano abilitati ad agire in tale Stato quali rappresentanti in tema di proprietà industriale, oppure
- b) rappresentanti abilitati iscritti nell’apposito elenco di cui all’articolo 89, paragrafo 1, lettera b) del regolamento sul marchio comunitario, oppure
- c) persone iscritte nello speciale elenco di rappresentanti professionali competenti in tema di disegni e modelli, di cui al paragrafo 4…”.
[7] In tale settore, per operatore economico si intende il fabbricante, l’importatore, il distributore e il rappresentante autorizzato.
[8] Un organismo di valutazione della conformità si occupa di uno o più elementi della valutazione della conformità, tra cui una o più delle seguenti attività: tarature, prove, certificazioni e ispezioni. Gli organismi notificati sono organismi di valutazione della conformità che sono stati ufficialmente designati dalle rispettive autorità nazionali per svolgere le procedure di valutazione della conformità ai sensi della normativa di armonizzazione dell’Unione applicabile quando occorre l’intervento di terzi. Poiché si assumono responsabilità in settori di interesse pubblico, gli organismi notificati rispondono alle autorità nazionali competenti. Per essere notificato, un organismo deve essere una persona giuridica stabilita nel territorio di uno Stato Membro e dunque rientrante nella sua giurisdizione. Gli Stati Membri sono liberi di decidere se notificare o no un organismo conforme ai requisiti di cui alla pertinente normativa di armonizzazione dell’Unione. Gli organismi notificati sono designati per valutare la conformità ai requisiti essenziali e per garantire un’applicazione tecnica coerente di tali requisiti secondo le procedure previste dalla normativa di armonizzazione dell’Unione applicabile. Gli organismi notificati devono essere dotati di strutture idonee e di personale tecnico per svolgere le funzioni tecniche e amministrative connesse alla valutazione della conformità; inoltre devono adottare procedure adeguate di controllo della qualità in merito ai servizi forniti. I fabbricanti possono scegliere qualsiasi organismo notificato designato per svolgere le procedure di valutazione della conformità in questione, nel quadro della normativa di armonizzazione dell’Unione applicabile.
[9] Si veda il capitolo 3 della Comunicazione della Commissione, “La guida blu all’attuazione della normativa UE sui prodotti 2016”, GUUE C 272 del 26.07.2016.
[10] Un fabbricante, a prescindere dal fatto che sia stabilito o no nell’UE, può nominare un rappresentante autorizzato nell’Unione che agisca per suo conto per svolgere alcuni compiti stabiliti dalla normativa di armonizzazione dell’Unione applicabile. Un fabbricante stabilito al di fuori dell’Unione Europea non è tenuto a nominare un rappresentante autorizzato (ad eccezione per i dispositivi medici ed i dispositivi medico-diagnostici in vitro, in cui le direttive di riferimento prevedono che fabbricante deve nominare una persona stabilita nell’Unione quale responsabile della commercializzazione dei dispositivi medici, qualora egli non abbia una sede in uno Stato membro e immetta i dispositivi sul mercato dell’Unione a nome proprio). Ai fini della normativa di armonizzazione dell’Unione, per poter agire per conto del fabbricante il rappresentante autorizzato deve essere stabilito nell’Unione. Sempre ai sensi della normativa di armonizzazione dell’Unione, i rappresentanti commerciali del fabbricante (quali distributori autorizzati o agenti) non devono essere confusi con il rappresentante autorizzato.
[11] Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 , sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, GUUE L 94 del 28.03.2014.
[12] Direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, GUUE L 216 del 20.08.2009.
[13] Si veda l’articolo 22 della Direttiva 2009/81/CE.