In occasione della relazione al Parlamento sulle riunioni del Consiglio Europeo di dicembre, Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo, dopo aver dichiarato che la prima fase di negoziazioni relativa ai diritti dei cittadini, ai rapporti con l’Irlanda e all’accordo finanziario ha raggiunto un progresso sufficiente, ha ricordato che i 27 Stati Membri rimanenti hanno adottato gli orientamenti per la prossima fase del negoziato in data 15 dicembre 2017. Tusk ha poi ribadito la necessità di ottenere più trasparenza da parte del Regno Unito in merito alle future relazioni reciproche e la necessità per gli Stati Membri di restare uniti e prepararsi all’uscita definitiva del Regno Unito a marzo 2019, a meno che gli “amici britannici” non cambino idea. Tusk ha infatti citato David Davis, il Ministro britannico per la Brexit, secondo il quale “se una democrazia non può cambiare idea, allora cessa di essere una democrazia” per poi concludere che il sentimento degli Stati Membri continentali non è mutato e le porte dell’Unione restano sempre aperte per il Regno Unito.
Anche Jean-Claude Juncker, nel suo discorso al Parlamento Europeo del 17 gennaio 2018, ha ribadito che la Brexit sarà un evento con conseguenze negative per entrambe le parti, ma se Londra dovesse cambiare idea, sarà libera di rimanere nell’Unione.
Le dichiarazioni dei leader europei sono state accolte con poco entusiasmo dai politici britannici. Il Ministro per l’ambiente Michael Gove ha sottolineato che i cittadini britannici si sono espressi inequivocabilmente per l’uscita dall’Unione e un grande futuro attende il Regno Unito dopo la Brexit. Il Governo di Theresa May ha riaffermato che non ci sarà un secondo referendum sulla Brexit prima dell’uscita a marzo 2019. Anche il leader laburista Jeremy Corbyn si è detto contrario all’idea di un secondo referendum, ricordando, allo stesso tempo, che i Membri del Parlamento disporranno di un potere significativo quando si tratterà di votare sulle condizioni dell’accordo d’uscita.
Davide Scavuzzo