L’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) ha recentemente pubblicato un documento che precisa le possibili conseguenze della Brexit sui marchi europei e sui disegni e modelli comunitari registrati.
A partire dalla data di uscita del Regno Unito dall’Unione nel marzo 2019, infatti, la normativa europea in materia di marchi europei e di disegni e modelli comunitari cesserà di applicarsi. In particolare, i marchi registrati ai sensi del Regolamento (UE) 2017/1001[1] e i disegni e i modelli registrati (e non) disciplinati dal Regolamento (CE) n. 6/2002[2] continueranno ad essere validi nei restanti Stati Membri, ma non avranno più efficacia diretta nel Regno Unito, mentre le domande pendenti prima della data di uscita non riguarderanno più lo Stato uscente. Più in generale, i diritti di proprietà intellettuale concessi dall’EUIPO riguarderanno solo i restanti Stati Membri.
In materia di proprietà intellettuale, già nel settembre 2017 la Commissione Europea aveva pubblicato un documento in cui ribadiva la necessità di garantire la tutela dei diritti di proprietà intellettuale aventi carattere unitario e di un’adeguata cooperazione tra il Regno Unito ed i restanti Stati Membri al fine di limitare l’impatto causato dalla Brexit[3].
Nel gennaio 2018, la Commissione aveva inoltre diffuso un documento di notifica alle parti interessate in materia di marchi europei e disegni e modelli comunitari registrati in vista della Brexit[4]. Il documento dell’EUIPO integra i precedenti documenti e considera il possibile scenario che verrebbe a delinearsi qualora non dovesse essere raggiunto un accordo tra Regno Unito e Unione Europea.
Il documento EUIPO sottolinea che un marchio europeo, o una domanda di marchio europeo, può essere trasformato in un marchio (o in una domanda di marchio) nazionale[5]. Pertanto, i marchi europei registrati e le domande di marchio europeo depositate, prima o dopo la data di uscita, non potranno essere convertiti in marchi, o domande di marchio, del Regno Unito se la richiesta di conversione sarà presentata dopo tale data.
Con riguardo al mantenimento dei diritti conferiti dal marchio europeo, il documento evidenzia che l’uso di un marchio europeo nel Regno Unito dopo la data di uscita non consisterà più in un uso del marchio nell’Unione Europea e, quindi, non consentirà il mantenimento dei relativi diritti[6].
Il documento ribadisce che, conformemente all’articolo 119, paragrafo 2, del Regolamento (UE) 2017/1001, le persone fisiche stabilite nel Regno Unito potranno comunque depositare domande di marchio europeo. Tuttavia, le persone fisiche e giuridiche che non hanno un domicilio, una sede o uno stabilimento industriale o commerciale effettivo nello Spazio Economico Europeo (SEE), dovranno essere rappresentate dinanzi all’EUIPO. La rappresentanza potrà essere assunta anche da un cittadino britannico, purché egli: (i) sia un avvocato abilitato in uno degli Stati dello Spazio Economico Europeo, (ii) sia stabilito in uno degli Stati Membri del SEE e (iii) abbia il diritto di agire come rappresentante in materia di marchi in tale Stato Membro del SEE. Queste tre condizioni dovranno essere rispettate cumulativamente[7].
Il documento afferma inoltre che il diritto di priorità di un marchio del Regno Unito, previsto dall’articolo 34 del Regolamento (UE) 2017/1001, potrà essere invocato per un marchio europeo dopo la data di uscita. In base a tale articolo, infatti, “… [c]hiunque abbia regolarmente depositato un marchio, in uno o per uno degli Stati facenti parte della convenzione di Parigi o dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, o il suo avente causa, per sei mesi dalla data di deposito della prima domanda, fruisce di un diritto di priorità per effettuare il deposito di una domanda di marchio UE per il medesimo marchio e per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è depositato o contenuti in essi…”. Dalla priorità si distingue l’istituto della preesistenza[8], che prevede che, se i richiedenti o i proprietari di un marchio dell’Unione sono già in possesso di un marchio nazionale o internazionale anteriore identico con effetto in uno o più Stati Membri per prodotti e servizi identici, essi possono rivendicare la preesistenza di tale marchio nella domanda di marchio UE o entro due mesi dal suo deposito o in qualunque momento dopo la registrazione del marchio UE, mantenendo i loro diritti anteriori, anche se non rinnovano il loro marchio anteriore. La preesistenza di un marchio britannico in una domanda di marchio europeo o dopo il deposito della domanda[9], nonché dopo la registrazione[10], non potrà essere rivendicata una volta che il Regno Unito non farà più parte dell’Unione Europea, in quanto la rivendicazione è prevista solo per i marchi registrati in uno degli Stati Membri dell’Unione.
In materia di impedimenti alla registrazione di un marchio, viene sottolineato che gli impedimenti assoluti e relativi alla registrazione, di cui rispettivamente all’articolo 7 e all’articolo 8 del Regolamento (UE) 2017/1001, si riferiscono solamente agli Stati Membri dell’UE e non a Paesi terzi. Di conseguenza, un marchio europeo o una domanda di marchio europeo depositato alla data di uscita non potrà essere respinto o invalidato se un impedimento alla registrazione esiste solo nel Regno Unito.
Viene inoltre specificato che quanto affermato per i marchi europei si applica anche con riferimento al Regolamento (CE) n. 6/2002 sui disegni e modelli comunitari e che la divulgazione di un disegno o modello nel Regno Unito dopo la data di uscita andrà tenuta in considerazione nel valutare la novità e il carattere individuale di un disegno o modello comunitario[11]. Infine, un modello o disegno divulgato nel Regno Unito potrà essere protetto come disegno o modello comunitario non registrato, a condizione che la divulgazione nello Stato uscente sia avvenuta prima della data di uscita; tuttavia, la sua protezione territoriale cessa di estendersi al Regno Unito a partire da tale data. Un disegno divulgato nel Regno Unito dopo la data di uscita, invece, non potrà più essere protetto come disegno o modello comunitario non registrato[12].
Con riferimento alla protezione dei marchi europei, il documento sottolinea che le misure adottate dai tribunali degli Stati Membri in materia di marchi europei a partire dalla data di uscita si applicheranno solo nel territorio dei restanti Stati Membri, e non avranno effetto sul territorio britannico. Qualora le misure adottate dovessero riferirsi a violazioni commesse prima della data di uscita, esse saranno applicabili nel Regno Unito in conformità con le norme nazionali in materia di diritto internazionale privato. Inoltre, i tribunali del Regno Unito non saranno più competenti ad esprimersi sulle controversie in materia di contraffazione e validità dei marchi UE, che dovranno essere risolte dai tribunali dei restanti Stati Membri[13].
A tal riguardo, sarà interessante seguire la valutazione della domanda di pronuncia pregiudiziale che la England and Wales Court of Appeal (Corte di Appello del Regno Unito) ha deferito alla Corte di Giustizia in merito all’interpretazione dell’attuale articolo 125, paragrafo 5, del Regolamento (UE) 2017/1001[14]. In particolare, i quesiti sottoposti alla Corte mirano ad ottenere chiarezza sulla competenza dei tribunali del Regno Unito a giudicare di una controversia relativa alla violazione di un marchio europeo in un caso riguardante la pubblicità e la vendita online transfrontaliera di beni, quando il convenuto è localizzato in Spagna e la presunta violazione è stata commessa in tale Stato e non nel Regno Unito[15]. La controversia è sorta tra l’impresa AMS Neve (“AMS”), produttore di apparecchiature audio tra cui il preamplificatore microfonico “1073”, e l’impresa spagnola Heritage Audio (“Heritage”), a seguito della produzione e commercializzazione, anche nel Regno Unito, di un prodotto simile, anch’esso marchiato “1073”, attraverso il proprio sito Internet. Alla luce di ciò, AMS aveva avviato un procedimento di fronte al Tribunale per la proprietà intellettuale del Regno Unito (Intellectual Property Enterprise Court, IPEC) per violazione del marchio europeo[16]. La Heritage aveva però contestato la giurisdizione delle corti britanniche sulla base del fatto che essa era stabilita in Spagna e tutti i fatti rilevanti erano avvenuti in Spagna. L’IPEC, con sentenza del 18 ottobre 2016, aveva affermato che le corti del Regno Unito non erano competenti a giudicare su tale caso[17]. Nel sostenere ciò, l’IPEC aveva ripreso la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Coty Germany[18], in cui era stato affermato che “… la competenza giurisdizionale ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento n. 40/94 può essere unicamente attribuita ai tribunali dei marchi comunitari dello Stato membro sul cui territorio il convenuto ha commesso l’asserito atto illecito…”[19]. Pertanto, poiché la violazione contestata sarebbe stata commessa in Spagna, i tribunali britannici non sarebbero competenti ad esprimersi sulla domanda di AMS.
AMS si era rivolta alla Corte di Appello del Regno Unito per ottenere la riforma della decisione dell’IPEC o, in alternativa, una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Heritage aveva invece sostenuto la correttezza della sentenza contestata, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia nel caso Nintendo[20] e della Corte Suprema federale tedesca (Bundesgerichtshof)[21], che a suo avviso erano sulla stessa linea delle argomentazioni dell’IPEC. Nel caso Nintendo, il giudice del rinvio aveva domandato alla Corte, tra l’altro, come dovesse essere interpretata la nozione di “Paese in cui è stata commessa la violazione” di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del Regolamento Roma II[22], in circostanze in cui diversi atti di contraffazione commessi in diversi Stati Membri dell’Unione sono contestati a ciascuna delle convenute nei procedimenti principali[23]. La Corte di Giustizia aveva risposto che “… l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 864/2007 dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «paese in cui è stata commessa la violazione», ai sensi di tale disposizione, si riferisce al paese del luogo in cui è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno. In circostanze in cui a uno stesso convenuto sono contestati diversi atti di contraffazione compiuti in diversi Stati membri, per identificare il fatto che ha dato origine al danno occorre non già riferirsi a ciascun atto di contraffazione contestato, bensì valutare complessivamente la condotta di detto convenuto, al fine di determinare il luogo in cui l’atto di contraffazione iniziale, che è all’origine della condotta contestata, è stato compiuto o sussiste il rischio che sia compiuto da quest’ultimo…”[24].
Secondo la Corte d’Appello britannica, da un lato tale decisione fornisce un valido supporto per la conclusione raggiunta dall’IPEC sull’interpretazione dell’articolo 125, paragafo 5, del Regolamento (UE) 2017/1001, per il quale la collocazione, da parte di un’impresa di uno Stato Membro, di un annuncio pubblicitario su un sito Internet destinato ai consumatori di un altro Stato Membro, non è sufficiente a conferire la competenza al Tribunale di detto secondo Stato Membro. Dall’altro lato, tuttavia, la Corte d’Appello ha osservato che la decisione nella causa Nintendo era stata resa in un contesto diverso da quello in esame e, pertanto, ha ritenuto opportuno deferire la questione alla Corte di Giustizia[25]. La sentenza della Corte di Giustizia chiarirà aspetti di particolare importanza anche per le future controversie in materia di marchi europei e di modelli e disegni comunitari.
Sara Capruzzi
[1] Regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea, GUUE L 154 del 16.06.2017.
[2] Regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari, GUUE L 3 del 05.01.2002.
[3] Si veda il nostro precedente contributo disponibile al seguente LINK.
[4] Si veda il nostro precedente contributo disponibile al seguente LINK.
[5] Si vedano gli articoli da 139 a 141 del Regolamento (UE) 2017/1001.
[6] Si veda l’articolo 18 del Regolamento (UE) 2017/1001.
[7] Si veda l’articolo 120, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2017/1001.
[8] Per effetto del diritto di priorità, la data di priorità si fa coincidere con quella del deposito della domanda di marchio UE ai fini della determinazione dell’anteriorità dei diritti. La preesistenza ha come unico effetto, ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 3, del Regolamento (UE) 2017/1001, che il proprietario del marchio dell’Unione Europea, qualora ceda il marchio anteriore o lo lasci scadere, verrà ritenuto titolare degli stessi diritti che avrebbe avuto se il marchio anteriore avesse continuato ad essere registrato.
[9] Si veda l’articolo 39 del Regolamento (UE) 2017/1001.
[10] Si veda l’articolo 40 del Regolamento (UE) 2017/1001.
[11] Si veda l’articolo 7 del Regolamento (CE) n. 6/2002.
[12] Si veda l’articolo 11 del Regolamento (CE) n. 6/2002.
[13] Si vedano gli articoli da 123 a 125 del Regolamento (UE) 2017/1001.
[14] L’articolo 125, paragrafo 5, del Regolamento (UE) 2017/1001 dispone quanto segue: “… Le procedure derivanti dalle azioni e domande di cui all’articolo 124, escluse le azioni di accertamento di non contraffazione di un marchio UE, possono parimenti essere avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso, o in cui è stato commesso un atto contemplato dall’articolo 11, paragrafo 2…”.
[15] Si veda AMS Neve Ltd & Ors v Heritage Audio S.L. & Anor [2018] EWCA Civ 86, disponibile al seguente LINK.
[16] La domanda di infrazione sul marchio era basata su un marchio europeo per le cifre 1073 e su due registrazioni del Regno Unito per i loghi che incorporavano un’onda sinusoidale stilizzata (tutti registrati per vari prodotti di apparecchiature audio nella classe 9). Secondo AMS, la Heritage aveva offerto in vendita e venduto attrezzature con riferimento a segni identici o simili nel Regno Unito.
[17] Si veda AMS Neve Ltd & Ors v Heritage Audio S.L. & Anor [2016] EWHC 2563 (IPEC), disponibile al seguente LINK.
[18] CGUE 05.06.2014, Causa C-360/12, Coty Germany.
[19] CGUE 05.06.2014, Causa C-360/12, Coty Germany, punto 37. Secondo la Corte, infatti, “… [p]er quanto concerne la formulazione dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento n. 40/94, la nozione di territorio «dello Stato membro in cui l’atto di contraffazione è stato commesso» suggerisce, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 31 delle proprie conclusioni, che tale criterio di collegamento faccia riferimento a un comportamento attivo dell’autore di tale contraffazione. Pertanto, il criterio di collegamento previsto da tale disposizione si riferisce al territorio dello Stato membro in cui il fatto all’origine dell’affermata contraffazione è avvenuto o rischia di avvenire, e non al territorio dello Stato membro in cui detta contraffazione produce i propri effetti…” (punto 34 della sentenza).
[20] CGUE 27.09.2017, Cause riunite C-24/16 e C-25/16, Nintendo.
[21] BGH 09.11.2017, I ZR 164/16, Parfummarken.
[22] Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II), GUUE L 199 del 31.07.2007. L’articolo 8, paragrafo 2, statuisce quanto segue: “… In caso di obbligazione extracontrattuale che deriva da una violazione di un diritto di proprietà intellettuale comunitaria a carattere unitario, la legge applicabile è quella del paese in cui è stata commessa la violazione per le questioni non disciplinate dal relativo strumento comunitario…”.
[23] Si veda la terza questione pregiudiziale sottoposta alla Corte di Giustizia: “… Come si debba individuare il luogo “in cui è stata commessa la violazione”, di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Roma II, qualora l’autore della violazione
a) offra i prodotti contraffatti su un sito Internet e tale sito si rivolga (anche) a Stati membri diversi da quello in cui lo stesso autore della violazione ha sede,
b) faccia trasportare i prodotti contraffatti in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede.
Se l’articolo 15, lettere a) e g), del suddetto regolamento debba essere interpretato nel senso che la legge così determinata si applica anche agli atti di altre persone che abbiano partecipato alla violazione…”.
[24] GCUE 27.09.2017, Cause riunite C-24/16 e C-25/16, Nintendo, punto 111.
[25] Si vedano i punti da 56 a 59 della decisione della Corte di Appello: AMS Neve Ltd & Ors v Heritage Audio S.L. & Anor [2018] EWCA Civ 86, disponibile al seguente LINK. Le domande sottoposte alla Corte di Giustizia sono le seguenti: “… In circumstances where an undertaking is established and domiciled in Member State A and has taken steps in that territory to advertise and offer for sale goods under a sign identical to an EU trade mark on a website targeted at traders and consumers in Member State B:
i) does an EU trade mark court in Member State B have jurisdiction to hear a claim for infringement of the EU trade mark in respect of the advertisement and offer for sale of the goods in that territory?
ii) if not, which other criteria are to be taken into account by that EU trade mark court in determining whether it has jurisdiction to hear that claim?
iii) in so far as the answer to (ii) requires that EU trade mark court to identify whether the undertaking has taken active steps in Member State B, which criteria are to be taken into account in determining whether the undertaking has taken such active steps?”.