LE DATE DEL CONFRONTO

“ SHOULD THE UNITED KINGDOM REMAIN A MEMBER OF THE
EUROPEAN UNION OR LEAVE THE EUROPEAN UNION? “

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IL 29 GIUGNO 2016 SI È TENUTO L’INCONTRO INFORMALE DEI CAPI DI STATO E DI GOVERNO DEI 27 STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA (“UE”), CON L’ESCLUSIONE DELLA GRAN BRETAGNA, A CUI HANNO PARTECIPATO ANCHE I PRESIDENTI DEL CONSIGLIO EUROPEO, DONALD TUSK, E DELLA COMMISSIONE EUROPEA, JEAN-CLAUDE JUNCKER.

I Capi di Stato e di Governo e i due presidenti delle Istituzioni UE, dopo aver nuovamente manifestato rispetto per la volontà democraticamente manifestata dal popolo britannico di lasciare l’UE, hanno riaffermato che, fino al momento in cui il Regno Unito cesserà di essere uno Stato membro, tutti gli obblighi e i diritti derivanti dall’appartenenza all’UE restano in vigore.

I leader hanno affermato che, sebbene vi sia necessità che sia notificata nel più breve tempo possibile, spetta solo e soltanto al Regno Unito il compito di attivare la clausola di recesso di cui all’articolo 50 del Trattato sull’UE e che, fin quando la notifica della richiesta di recesso non verrà effettuata, nessuna trattativa potrà essere intrapresa.

Solo quando vi sarà la notifica, il Consiglio europeo presenterà i propri orientamenti su un futuro accordo con il Regno Unito, le cui trattative verranno condotte nel pieno rispetto dei Trattati e delle prerogative che questi ultimi riconoscono alla Commissione europea e al Parlamento europeo.

I 27 Stati membri hanno rimarcato che qualsiasi accordo che sarà concluso con il Regno Unito, nella sua nuova veste di Stato terzo, dovrà essere basato su un corretto bilanciamento di diritti e doveri, nel senso che qualsiasi forma di accesso al mercato unico dovrà essere bilanciata dal rispetto delle quattro libertà fondamentali.

IN DATA 28 GIUGNO 2016, IN SEGUITO AD UNA LUNGA E ANIMATA DISCUSSIONE IN MERITO ALL’ESITO DEL REFERENDUM CHE HA VISTO LA MAGGIORANZA DEI BRITANNICI VOTARE A FAVORE DELL’USCITA DEL REGNO UNITO DALLA UE, IL PARLAMENTO EUROPEO HA VOTATO CON 395 VOTI A FAVORE, 200 CONTRARI E 71 ASTENUTI UNA RISOLUZIONE CON LA QUALE “… SOTTOLINEA CHE LA VOLONTÀ DELLA MAGGIORANZA DEI CITTADINI DEL REGNO UNITO DOVREBBE ESSERE RISPETTATA ATTRAVERSO UN’ATTUAZIONE RAPIDA E COERENTE DELLA PROCEDURA DI RECESSO…” E ”… CHIEDE CHE VENGA DEFINITA UNA TABELLA DI MARCIA VERSO UN’UNIONE MIGLIORE, AVVALENDOSI APPIENO DELLE OPPORTUNITÀ OFFERTE DAL TRATTATO DI LISBONA, DA INTEGRARE CON UNA REVISIONE DEI TRATTATI …”.

Inoltre, il Parlamento europeo, invitando “… il Consiglio a modificare l’ordine delle sue Presidenze onde evitare che il processo di recesso pregiudichi la gestione delle attività correnti dell’Unione…”, chiede di fatto che venga annullato il semestre di presidenza del Regno Unito del Consiglio UE (in programma nella seconda metà del 2017).

È opportuno ricordare che le risoluzioni votate dal Parlamento europeo hanno il valore di raccomandazioni non vincolanti. Sono solitamente indirizzate al Consiglio dell’Unione europea o alla Commissione europea.

IN DATA 28 GIUGNO, SI È TENUTA PRESSO L’ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI BRUXELLES LA CONFERENZA DAL TITOLO “DENTRO O FUORI ?” – L’EUROPA DOPO IL REFERENDUM BRITANNICO: I PERCHÉ E LE CONSEGUENZE DELLA SCELTA DEI CITTADINI BRITANNICI, CHIAMATI A REFERENDUM IL 23 GIUGNO SULLA PERMANENZA NELL’UE, ORGANIZZATA DAL CIRCOLO PALOMBELLA.

La Conferenza ha ospitato il dibattito tra il Sen. Mario Monti, presidente dell’“High Level Group on Own Resources”, già Primo ministro italiano, il sig. Graham Watson (scozzese), ex presidente dell’Alleanza Democratici e Liberali Europei (ALDE) presso il Parlamento europeo, e l’On. Roberto Gualtieri (S&D), presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo, sulle conseguenze della Brexit.

Secondo Watson, a seguito della Brexit, si prospettano due scenari. Il primo vede l’effettiva uscita del Regno Unito dalla UE, secondo la procedura prevista dall’art. 50 del Trattato sulla UE. Secondo Watson, tale quadro comporterebbe una disgregazione dello stesso Regno Unito. Infatti, analizzando i risultati del referendum nei singoli territori del Regno, emerge chiaramente come solamente in Inghilterra ed in Galles abbia prevalso il voto per il “leave”, al contrario di quanto avvenuto in Scozia, Irlanda del Nord e nella City di Londra dove la stragrande maggioranza dei cittadini ha votato per il “remain”. Considerando i rapporti intercorrenti da sempre all’interno del Regno, alla luce anche degli ultimi avvenimenti (i.e. il precedente referendum sull’indipendenza della Scozia), non appare così inverosimile che, a seguito dell’uscita del Regno Unito dalla UE, possa poi prospettarsi anche il distacco della Scozia, nonché una riunificazione dell’Irlanda.

A tutto ciò deve aggiungersi la delicata questione di Gibilterra, dove il “remain” ha vinto con quasi il 96 % dei voti.

Il secondo scenario, prospettato da Watson, e dallo stesso ritenuto più verosimile, vede l’elezione di un nuovo Governo e Primo Ministro anti–brexit il quale, tenendo conto della natura giuridica non vincolante del referendum consultivo e del mandato popolare che avrà ottenuto a seguito delle elezioni, potrebbe rimettere la decisione sull’uscita dall’UE al nuovo Parlamento eletto, il quale potrebbe non confermare il voto referendario.

Inoltre, il Parlamento europeo, invitando “… il Consiglio a modificare l’ordine delle sue Presidenze onde evitare che il processo di recesso pregiudichi la gestione delle attività correnti dell’Unione…”, chiede di fatto che venga annullato il semestre di presidenza del Regno Unito del Consiglio UE (in programma nella seconda metà del 2017).

È opportuno ricordare che le risoluzioni votate dal Parlamento europeo hanno il valore di raccomandazioni non vincolanti. Sono solitamente indirizzate al Consiglio dell’Unione europea o alla Commissione europea.

Secondo il Sen. Monti e l’On. Gualtieri, il risultato del referendum è frutto di errate scelte politiche fatte dal Primo Ministro Cameron, il quale ha incentrato la campagna referendaria solamente sugli aspetti negativi che l’uscita dall’UE avrebbe comportato, senza invece evidenziare i benefici che i cittadini europei ne ricevono.

Durante la conferenza è stato nuovamente sottolineato come il rapporto tra UE e Regno Unito non sia mai stato idilliaco, in ragione di una certa diffidenza che il Regno Unito ha sempre nutrito verso l’UE. Tale sentimento ha spinto il Regno Unito a voler strenuamente affermare la propria peculiarità e forza, soprattutto nel settore fiscale, muovendosi autonomamente e senza neppure cercare – come ha sottolineato il Sen. Monti ricordando la scelta fatta dal Regno Unito a proposito del Fiscal Compact nel 2012 – di prenderne il timone facendo prevalere la prospettiva britannica all’interno dell’UE; timone che invece il Regno Unito ha mantenuto ben saldo nella costruzione del mercato unico e del diritto della concorrenza, laddove il Sen. Monti ha ammesso di aver trovato nel Regno Unito un prezioso alleato quando ricopriva il ruolo di Commissario con delega a tali settori.

I relatori hanno inoltre affermato che purtroppo vi è una tendenza che accomuna quasi tutti gli Stati membri, ossia quella di non riuscire ad agire in prospettiva europea, o meglio, per l’interesse dell’UE, ma piuttosto per interessi nazionali o di partito.

Appare chiaro, alla luce di queste riflessioni, come questo mancato senso di solidarietà europea venga trasmesso dai vari capi di Stato e di Governo ai cittadini, la maggior parte dei quali non riesce a percepire direttamente quali siano le garanzie e i valori aggiunti che l’UE può effettivamente dare. Una soluzione a tutto questo dovrebbe essere nel senso di una politica europea incentrata più sulla redistribuzione delle risorse economiche e sulle politiche sociali.

Il rischio però resta quello che, nella fase delle negoziazioni dell’uscita del Regno Unito dall’UE, la mancanza di una coscienza europea possa portare gli Stati membri a spingere al massimo per la tutela dei propri interessi nazionali.

IL 24 GIUGNO 2016, NON APPENA I RISULTATI DEL REFERENDUM BRITANNICO SULL’USCITA DEL PAESE DALL’UE SONO DIVENTATI CERTI, SI È TENUTO UN CONSIGLIO EUROPEO SU INVITO DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA JEAN-CLAUDE JUNCKER AL QUALE HANNO PARTECIPATO ANCHE IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO STESSO, DONALD TUSK, IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO MARTIN SCHULZ E IL PRIMO MINISTRO DEI PAESI BASSI, MARK RUTTE, NEL RUOLO DI PRESIDENTE DI TURNO DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA.

I leaders, dopo aver espresso il loro rispetto per la volontà democraticamente manifestata dal popolo britannico di lasciare l’Unione europea, hanno condiviso il loro rammarico per i risultati del referendum. Il Consiglio si augura tuttavia che il Regno Unito attivi il prima possibile le procedure previste dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea ed avvii le negoziazioni per la sua uscita dall’Unione così da minimizzare gli effetti negativi derivanti dall’incertezza dell’attuale situazione.

I rappresentanti europei si sono detti pronti ad avviare i negoziati ricordando che fino al momento in cui il Regno Unito cesserà di essere uno Stato membro, tutti gli obblighi e i diritti derivanti dall’appartenenza all’Unione europea restano in vigore.

Infine, il Consiglio ricorda che, visto l’esito del referendum, l’accordonoto come “Nuova intesa per il Regno Unito”, negoziato il 18 e 19 febbraio 2016, non entrerà in vigore e, anzi, cessa immediatamente d’esistere.