SIR IVAN ROGERS, AMBASCIATORE BRITANNICO PRESSO L’UNIONE EUROPEA E UNO DEI DIPLOMATICI PIÙ ESPERTI DEL REGNO UNITO, HA RASSEGNATO LE PROPRIE DIMISSIONI IL 3 GENNAIO 2017, OVVERO MENO DI TRE MESI PRIMA DELLA NOTIFICA UFFICIALE DA PARTE DEL GOVERNO BRITANNICO DELLA CLAUSOLA DI RECESSO DI CUI ALL’ARTICOLO 50 DEL TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA, CON CUI SI APRIRÀ IL NEGOZIATO SULL’USCITA DEL REGNO UNITO DALL’UE.
L’ambasciatore, un mese fa, aveva dichiarato, in un suo discorso off-the-record, che, proseguendo con la strategia adottata dal Governo May per la Brexit, ci sarebbero voluti “dieci anni” per negoziare l’uscita dall’UE e non, invece, due anni, come previsto. Sir Ivan Rogers, filoeuropeista dichiarato, aveva condotto il negoziato del governo Cameron con l’Unione Europea prima del referendum dello scorso giugno, ottenendo da Bruxelles una serie di concessioni per il Regno Unito.
Charles Grant, direttore del Center for European Reform, uno dei più importanti think tank londinesi, ha affermato che le dimissioni rappresentano un “brutto segnale, è come dire alla Ue che il Governo britannico preferisce dare un contentino agli anti-europeisti invece di avere un diplomatico di alto livello su cui contare quando inizierà il negoziato”. Inoltre, Hilary Benn, deputato laburista presidente della commissione Affari europei alla Camera dei Comuni, commenta “dovremo cercare di sostituirlo al più presto e non sarà facile”.
Si tratterebbe, secondo alcuni, di un’altra conseguenza dell’incertezza con cui si attende l’inizio delle trattative e su cui pesa la sentenza della Corte Suprema, prevista per metà maggio, sul diritto del Parlamento britannico di discutere e votare sulla Brexit.
Pietro Michea