Il 21 giugno 2018 la House of Lords e la Camera dei Comuni hanno raggiunto un accordo sul testo finale dello European Union (Withdrawal) Bill, la legge che revocherà l’European Communities Act del 1972, con il quale era stato sancito l’ingresso del Regno Unito nell’Unione Europea.
Nella sessione del 12-13 giugno, la Camera dei Comuni aveva respinto tutti gli emendamenti apportati dalla House of Lords, incluso quello che richiedeva il voto parlamentare sull’Accordo di recesso definitivo, togliendo in sostanza potere al Governo di Theresa May per affidarlo ai deputati (cosiddetto “meaningful vote”). La May, infatti, aveva promesso di discutere della possibilità di affidare il controllo della Brexit al Parlamento nel caso in cui il Governo non fosse in grado di raggiungere un accordo con l’Unione entro una data predefinita (si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK).
In mancanza di accordo, la legge era entrata nella cosiddetta fase di “ping pong”, chiamata formalmente “Consideration of the Lords/Commons amendments” in cui viene inviata “avanti e indietro” tra Camera dei Comuni e House of Lordsfinché non viene raggiunto un accordo sul testo finale. In particolare, i Lord avevano nuovamente sollevato la questione del “meaningful vote”, ritenendo la promessa della Premier britannica vaga, e avevano chiesto una nuova votazione da parte dei Comuni sul loro emendamento che prevedeva l’approvazione del Parlamento sull’Accordo di recesso. L’emendamento dei Lord prevedeva specificamente che, qualora (i) il Parlamento avesse votato contro l’Accordo di recesso, (ii) Theresa May avesse annunciato entro il 21 gennaio 2019 che non è stato raggiunto alcun accordo, o (iii) la data del 21 gennaio 2019 fosse passata senza alcun accordo, un membro del Governo avrebbe dovuto presentare una dichiarazione illustrando i passi che il Governo avrebbe dovuto seguire e il Parlamento avrebbe poi dovuto approvare tale dichiarazione. In tal modo, il Parlamento avrebbe avuto il potere di intervenire in caso di mancato accordo tra Regno Unito e Unione, “vincolando” il Governo a seguire le istruzioni del Parlamento. Il 20 giugno, la Camera dei Comuni ha nuovamente respinto tale emendamento, accettando il compromesso offerto dal Governo in base al quale la dichiarazione del membro del Governo non potrà essere oggetto di voto da parte del Parlamento a priori, ma spetterà al portavoce della Camera dei Comuni John Bercow decidere se il Parlamento avrà o meno un “meaningful vote”. Anche il parlamentare conservatore Dominic Grieve, leader della “ribellione” contro il Governo May per ottenere maggior influenza sull’Accordo di recesso, ha votato contro il proprio emendamento osservando che la proposta del Governo riconosceva la “sovranità del Parlamento”.
I Lord hanno infine accettato la posizione della Camera dei Comuni, raggiungendo così l’accordo sul testo definitivo dell’EU (Withdrawal) Bill, che ora dovrà ricevere il Royal Assent.
Davide Scavuzzo