CETA – L’ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO TRA UE E CANADA ENTRA PROVVISORIAMENTE IN VIGORE NONOSTANTE LE INCERTEZZE DELLA BREXIT

L’Accordo Economico e Commerciale Globale tra Canada e Unione Europea (CETA)

Il settore delle esportazioni contribuisce a 31 milioni di posti di lavoro all’interno dell’Unione Europea. Ne consegue l’importanza attribuita dalle Istituzioni e dagli Stati Membri alla conclusione di accordi commerciali e di libero scambio con Paesi terzi volti a potenziare i rapporti commerciali reciproci. A tal fine, il 30 ottobre 2016, UE e Canada hanno firmato l’Accordo Economico e Commerciale Globale (Comprehensive Economic and Trade Agreement, CETA; di seguito anche l’“Accordo”), che il 21 settembre 2017 è entrato provvisoriamente in vigore a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio e del Parlamento Europeo e della ratifica da parte del Canada.

Elemento chiave dell’Accordo è l’eliminazione dei dazi sul 98% dei prodotti commercializzati dall’Unione con il Canada, che consentirà alle imprese esportatrici un risparmio stimato di 590 milioni di euro l’anno. Ma questa è solo una delle numerose novità introdotte con l’Accordo: ad esempio, le imprese europee potranno partecipare a gare d’appalto pubbliche in Canada sia a livello municipale che federale; gli adempimenti formali per le esportazioni saranno ridotti e semplificati, agevolando le piccole e medie imprese sprovviste dell’organizzazione o dei mezzi economici necessari a gestire le relative pratiche; nel settore dell’agro-alimentare, l’Accordo potenzia l’accesso al mercato canadese ai prodotti europei quali formaggi, vini, liquori, frutta, verdura e prodotti trasformati ed agevola la protezione delle “indicazioni geografiche” riconosciute dall’Unione Europea. Allo stesso tempo, l’Accordo concede l’ingresso nel mercato unionale solo a quei prodotti canadesi che rispettano pienamente gli standard UE, tra cui quelli sui prodotti geneticamente modificati. Infine, anche il settore dei servizi trarrà benefici dall’accordo CETA che assicurerà maggiore mobilità per i dipendenti delle aziende e consentirà il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali.

 

Alcuni contenuti dell’Accordo

Con l’entrata in vigore dell’Accordo i dazi imposti sull’importazione di prodotti quali cioccolato, dolci, pane e pasticceria, che in passato potevano ammontare fino al 15%, sono stati completamente eliminati. La quota europea di formaggi esportabili in Canada è passata da 8.000 a 18.500 tonnellate. Alcuni prodotti e settori di particolare delicatezza restano tuttavia protetti: il mercato europeo, infatti, non viene aperto all’importazione di pollame e uova, mentre per la carne bovina, suina e per il granturco vengono previste delle quote limitate di importazioni a tariffa zero. Queste misure promuoveranno gli scambi nel settore food & drink che già oggi esporta verso il Canada prodotti per un valore di 3,4 miliardi di euro l’anno.

L’abbattimento dei dazi canadesi alle importazioni si estende anche a diverse categorie di prodotti del settore manifatturiero. Se si pensa che l’esportazione di beni dall’UE verso il Canada ha raggiunto nel 2016 un valore di 35 miliardi di euro, si ha la percezione dell’importanza delle misure tariffarie. L’industria tessile e del vestiario, quella dei veicoli e delle loro parti, dei macchinari e degli equipaggiamenti elettrici, dei dispostivi medici e degli strumenti ottici e l’industria chimica godranno di un trattamento a tariffa zero, mentre prima dell’entrata in vigore dell’Accordo i relativi dazi potevano raggiungere il 16%.

Per quanto riguarda il settore dei servizi, dove l’export verso il Canada nel 2015 ammontava a 18 miliardi di euro, l’Accordo contiene misure di maggiore apertura del mercato canadese in materia di servizi finanziari, servizi postali, telecomunicazioni e trasporti.

Insieme alla promozione del commercio e degli investimenti, l’Accordo garantisce specifici interessi dell’Unione in settori e attività economiche critiche, che rimarranno pertanto protetti. Allo stesso modo, saranno protetti i servizi pubblici e la libertà dell’Unione di regolamentare e imporre standard più elevati per quanto riguarda l’ambiente, la sicurezza alimentare e la promozione di condizioni lavorative migliorative.

L’efficacia degli accordi di libero scambio contratti tra Unione Europea e Paesi terzi è già stata dimostrata dall’esito positivo degli accordi conclusi nel passato, come quello con la Corea del Sud. Dalla sua entrata in vigore nel 2011, le esportazioni dagli Stati Membri sono infatti aumentate del 55% e per taluni prodotti agricoli fino al 70%.

 

Brexit e accordo CETA

Ai sensi dell’articolo 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), l’Unione Europea dispone di competenza esclusiva per concludere determinati accordi internazionali, tra i quali gli accordi commerciali. L’accordo CETA, tuttavia, seguendo l’orientamento nato con gli accordi bilaterali di libero scambio di “nuova generazione”, contiene altresì disposizioni rientranti nell’ambito delle competenze concorrenti tra Unione Europea e Stati Membri ai sensi dell’articolo 4 TFUE, come il meccanismo di risoluzione delle controversie Investitore-Stato (ISDS). L’accordo CETA va considerato un accordo di tipo c.d. misto per il quale, oltre all’adozione da parte del Consiglio e l’approvazione da parte del Parlamento Europeo, è necessaria la ratifica di ciascuno Stato Membro; ciò è stato recentemente confermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con il suo parere 2/15, del 16.05.2017, emesso con riferimento all’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Singapore. Ciononostante, è evidente come l’uscita del Regno Unito dall’Unione, dal Mercato Unico e dall’Unione Doganale, come più volte prospettato dal Governo britannico, comporterà anche la cessazione dell’efficacia dell’accordo CETA nei confronti dello Stato uscente.

Il Regno Unito rappresenta uno degli Stati Membri che potenzialmente potrebbero beneficiare di più degli effetti dell’accordo CETA. Infatti, il Canada, che vanta forti legami storici, costituzionali e culturali con il Regno Unito, è il suo quinto partner commerciale più importante al di fuori dell’Unione Europea. Il Regno Unito esporta verso il Canada beni e servizi per circa 9 miliardi di euro ed importa dal Canada beni e servizi per un ammontare pari a circa 14 miliardi di euro. Oltre a eliminare o diminuire le restrizioni economiche e quantitative alle importazioni di beni e servizi britannici, l’Accordo assicura una protezione più avanzata dei marchi e del copyright, con l’impegno del Canada a elevarne il livello a quello degli standard internazionali. Anche la salvaguardia della proprietà intellettuale nel settore farmaceutico sarà migliorata e il mutuo riconoscimento delle Good Manufacturing Practices (GMP) favorirà le opportunità commerciali di un settore di punta per il Regno Unito. Inoltre, la possibilità di partecipare alle gare per gli appalti pubblici canadesi potrebbe risultare di particolare interesse per le imprese britanniche che condividono con tale Paese lingua e radici, anche tramite la comune appartenenza al Commonwealth che raggruppa 52 Stati indipendenti principalmente appartenenti agli ex-territori dell’Impero britannico.

Questi fattori e l’importanza degli scambi commerciali tra i due Paesi hanno reso fin da subito evidente la necessità di porre rimedio all’eventualità che, dal 2019, in assenza di accordi specifici tra Londra e Bruxelles sulla gestione della Brexit, l’accordo CETA possa cessare di applicarsi agli scambi commerciali tra Regno Unito e Canada, con verosimili ripercussioni negative per entrambi i Paesi. Per tale motivo, il 18 settembre 2017 il Primo Ministro britannico Theresa May ha discusso con il suo omologo canadese Justin Trudeau il destino dei rapporti commerciali tra i due Paesi una volta realizzatasi la Brexit. I due Capi di Governo hanno concordato sulla necessità di un nuovo accordo bilaterale sostanzialmente modellato sulla base dell’accordo CETA; dalle dichiarazioni traspare, di fatto, la volontà di trasformare i risultati dell’accordo CETA in un analogo accordo bilaterale, che capitalizzi l’esito virtuoso dei sette anni di negoziato che hanno portato all’accordo CETA.

La volontà espressa dalla May conferma l’orientamento politico di conservare la validità degli accordi di libero scambio già negoziati dall’Unione e, nel Regno Unito, ha dato adito a polemiche sulla gestione della Brexit da parte del Governo, che secondo i partiti di opposizione si tradurrebbe in uno spreco di tempo e risorse per duplicare accordi che già esistono, e allo stesso tempo si rifiuterebbe di considerare la permanenza del Regno Unito nel Mercato Unico e nell’Unione Doganale per mere ragioni di principio e di immagine.

Roberto A. Jacchia e Davide Scavuzzo