Il 24 gennaio 2017, la Corte Suprema, presieduta da Lord Neuberger, ha deciso che il Governo britannico non può attivare la clausola di recesso dall’Unione di cui all’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea prima del voto favorevole da parte del Parlamento. A favore di tale soluzione hanno votato otto giudici contro tre contrari dissenzienti.

Con un discorso tenutosi alla Lancaster House di Londra, di fronte ad una platea di politici, diplomatici e giornalisti, Theresa May, Primo Ministro del Regno Unito, ha presentato per la prima volta la linea che il Governo britannico intende perseguire per realizzare l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, prefigurando senza esitazioni una hard Brexit.

Sir Ivan Rogers, ambasciatore britannico presso l’Unione Europea e uno dei diplomatici più esperti del Regno Unito, ha rassegnato le proprie dimissioni il 3 gennaio 2017, ovvero meno di tre mesi prima della notifica ufficiale da parte del Governo britannico della clausola di recesso di cui all’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea, con cui si aprirà il negoziato sull’uscita del Regno Unito dall’UE.

Il 15 dicembre 2016, si è tenuta a Bruxelles la riunione informale dei Capi di Stato e di Governo, dedicata alla Brexit, in cui i 27 leaders nazionali, insieme ai Presidenti del Consiglio Europeo e della Commissione Europea, hanno lanciato “il segnale che l’UE è unita e pronta al negoziato” con il Regno Unito.

Il capo negoziatore dell’UE per la Brexit, Michael Barnier, ha recentemente dichiarato che il processo di recesso del Regno Unito si dovrà concludere entro ottobre 2018. Alla luce dell’annuncio della Premier britannica di formalizzare l’uscita entro marzo 2017 (sempre che la Corte Suprema non arresti il procedimento e rimetta l’esito del referendum al voto del Parlamento), la dichiarazione di Barnier prospetta un arco temporale di circa un anno e mezzo per completare le negoziazioni e la stesura dell’accordo.